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In un incontro al Salone del Risparmio, Claudio Scardovi ha parlato di sostenibilità, di tecnologia e della sfida portata avanti da HOPE

“Tecnologia e sostenibilità: le nuove frontiere dell’asset management al servizio di una crescita inclusiva”. È il titolo di uno stimolante incontro, a cura di BNP Paribas Securities Services, svoltosi il 16 settembre al Salone del Risparmio di Milano. Claudio Scardovi, CEO di HOPE SpA, vi ha partecipato insieme ad Andrea Cattaneo (Head of Italy, Switzerland & Iberia di BNP Paribas Securities Services), Claudia Parzani (Global Business Development and Marketing Partner di Linklaters, Vicepresidente di Borsa Italiana e Presidente di Allianz SpA) e Giovanni Sandri (Head of BlackRock Italy).

Tre parole sul tema ESG

“La sostenibilità è una cosa molto importante: è un bene che se ne parli molto, ma c’è il rischio che se ne parli troppo e nel modo sbagliato”, ha ammonito Scardovi, proponendo tre parole utili per ragionare sul tema: genuinità, ingenuità e pragmaticità.
La genuinità è imprescindibile perché, se non ci si crede per davvero, la sostenibilità è solo una moda destinata prima o poi a decadere.
L’ingenuità significa invece saper affrontare i problemi con un approccio al nuovo che superi alcuni paradigmi dettati da procedure e regulations standard, che non sempre possono dare le risposte più efficaci.
Quanto alla pragmaticità, Claudio Scardovi ha ricordato con fierezza le sue origini umili per descrivere l’approccio di HOPE ai temi ESG: “Il sogno di mio nonno era raccogliere albicocche grandi come pesche e pesche grandi come cocomeri. Allo stesso modo in Hope, la sfida non è tanto quella di capire la baseline di partenza delle aziende su cui investiremo – che pure è un esercizio dovuto per i nostri investitori e per la comunità – ma capire se queste possano migliorare drasticamente il loro approccio ai temi di sostenibilità e in che modo”.
“C’è un valore aggiunto che noi possiamo portare”, ha poi proseguito Scardovi, “perché siamo diversi dagli altri non solo per il nostro focus sulla sostenibilità, ma soprattutto perché adottiamo un approccio da operating partner e crediamo veramente che ciò che oggi conta non sia il punto di partenza ma quello di arrivo e il delta tra i due, quel cambiamento che proviamo a fare tramite capitali privati, affiancando le aziende come partner industriali di lungo periodo”.
Il CEO di HOPE ha toccato anche un tema molto delicato quando si parla di investimenti su aziende ESG: l’exit. Il rischio è che, pur agendo in buona fede, l’esito finale del processo di investimento sia negativo in ottica ESG, in quanto l’azienda finisce nelle mani sbagliate: “Come HOPE ci proponiamo di mettere in atto un progetto di investimento che parte dall’analisi della baseline, si focalizzi sul raggiungimento di un delta sostanziale in ambito ESG e finisca con una exit coerente alle aspettative iniziali e agli obiettivi di sostenibilità della comunità nel suo insieme”.

La tecnologia cambia l’asset management

Si è parlato poi di tecnologia, osservando come si sia di fronte a un cambio generazionale dei modelli distributivi per il segmento dell’asset management. C’è chi parla già di una distribuzione di tipo ibrido, dove tecnologia da un lato e human touch dall’altro sono ben bilanciati, arrivando anche nella finanza a poter mettere in atto processi di marketing predittivo, oggi già diffuso sui social network per altri settori.
“Non parlerei della finanza se non abbiamo prima compreso come cambiano le aziende, le città, il modo di vivere, consumare e investire”, ha affermato a questo proposito Scardovi. “Oggi la finanza decentralizzata permette la disintermediazione di molte istituzioni e pratiche tradizionali, dando l’opportunità di comporre un portafoglio che raccoglie il meglio del mercato, con tutti i canali distributivi che lavorano per il nostro benessere finale. Il rischio è quello di anarchia, di frodi e di money laundering, ma allo stesso l’opportunità è così grande che non possiamo permetterci di sprecarla, in quanto significa andare verso un modello di capitalismo moderno aperto a tutte e a tutti. Io auspico un mondo in cui ci siano piattaforme digitali innovative e integrate, che permetta alle banche di fare al meglio quello che devono fare, e cioè la consulenza oggettiva per i propri clienti. Tutto il resto è giusto che sia più digitale, più flessibile, più innovativo. È una sfida non solo tecnologica ma anche antropologica”.

Azionisti del Paese

Infine, uno sguardo al futuro. “Chiudiamo gli occhi per un momento”, ha detto Claudio Scardovi, “e pensiamo agli ultimi diciotto mesi: alcune aziende non hanno lavorato, alcuni studenti non hanno studiato, debito pubblico ai massimi, il PIL è crollato e molte persone sono morte. Ora, riapriamo gli occhi: 4.700 miliardi di risparmi liquidi, governo di larga maggioranza e grande reputazione, tassi del debito negativi, mercati borsistici liquidi quasi ai massimi, e abbiamo perfino vinto gli Europei di calcio!”
Davanti a questo scenario improvvisamente roseo, il CEO di HOPE vede due rischi: “Il primo è che non duri per sempre. Il secondo è che la ricetta diventi ‘più stato, più debito pubblico e più inflazione’”. In risposta a tutto questo, il private market si connota come un’opportunità, perché è antinflattivo, diversifica il portafoglio e crea speranza tramite il coinvolgimento diretto nelle attività produttive del Paese. “C’è per tutti l’opportunità di diventare ‘azionisti del Paese’, cioè equity investors nelle asset classes reali dell’Italia. È questa la sfida che con umiltà stiamo portando avanti con HOPE. Si tratta di un’opportunità ma anche di una necessità, perché se questo non succede, il momento magico finisce”.

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